I fatti di cui è causa
Una Scuola secondaria di primo grado irrogava ad un alunno la sanzione disciplinare della sospensione di 15 giorni a seguito della ferita lacero-contusa dallo stesso procurata ad un malcapitato compagno di banco posizionando una matita in verticale mentre quest’ultimo era intento a sedersi.
I genitori ricorrevano avverso la predetta sanzione dapprima dinnanzi all’Organo di garanzia dell’Istituto, successivamente, al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, ed infine dinnanzi al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento della sanzione e il risarcimento dei danni subiti, lamentando “…l’illegittimità della sanzione comminata per plurime violazioni, di natura sostanziale e procedimentale, del D.P.R. n. 249 del 1998, come modificato dal D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235, della circolare ministeriale prot. n. (…) del 4.7.2008 e del Regolamento d’istituto”.
Il giudizio dinnanzi al TAR
Il Tar Lazio, tuttavia, rigettava il ricorso ritenendo:
- che “l’inquadramento del comportamento tenuto nell’ambito di una casistica che presenta il requisito della “gravità” non appare irragionevole né la sanzione comminata appare sproporzionata rispetto all’evento e ai danni procurati”;
- non sarebbero sussistiti neppure vizi procedimentali, alla luce della regolare convocazione in via d’urgenza del consiglio di classe, che aveva irrorato la sanzione,mediante l’annotazione nel registro di classe;
- non sarebbero sussistiti neppure vizi nella composizione dell’Organo di garanzia interno alla scuola.
Il giudizio dinnanzi al Consiglio di Stato
I genitori, affatto rassegnati, ricorrevano in sede di appello dinnanzi al Consiglio di stato, sulla base di due motivi:
- il primo relativo al’“…l’illegittimità della sanzione irrogata per violazione dell’art. 4 del D.P.R. n. 249 del 1998, come modificato dal D.P.R. n. 235 del 2007, e del Regolamento d’istituto, nonché per violazione dei principi del contraddittorio e di proporzionalità e gradualità delle sanzioni e per sviamento di potere”;
- il secondo relativo al“…l’illegittima composizione dell’Organo di garanzia interno della scuola di cui all’art. 5 del D.P.R. n. 249 del 1998”.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n°4390/2022 depositata il 30 maggio 2022, rigetta ambedue i motivi condannando altresì l’appellante alla rifusione delle spese del grado, in favore del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca
In particolare, quanto al primo motivo di gravame, ad avviso dei giudici di appello il TAR non aveva condivisibilmente ravvisato alcuna violazione delle norme del D.P.R. n. 249 del 1998, come modificato dal D.P.R. n. 235 del 2007, né del Regolamento d’Istituto, né tantomeno dei principi del contraddittorio e della proporzionalità e gradualità delle sanzioni irrogate.
In particolare, si legge:
- “l’applicazione delle citate disposizioni va infatti inquadrata nella connotazione di estrema gravità che le caratterizza, perché riferite a un atto capace di ledere l’integrità fisica di un alunno. In questo contesto, si dà conto nella citata pronuncia sia delle dichiarazioni rese dallo studente circa la propria personale responsabilità, sia delle testimonianze rese dal personale scolastico. Inoltre, nella memoria dell’amministrazione, richiamata dal giudice di prime cure, diversamente da quanto affermato dall’appellante, si riferisce di altri episodi di cui il medesimo studente si sarebbe reso autore, non smentite, in quella sede, dalla controparte”.
- “Tali circostanze, oltre a deporre in favore della proporzionalità della misura adottata, evidentemente ritenuta adeguata in relazione alle circostanze oggettive e soggettive conosciute dal corpo docente, pur tenendo conto dei principi generali di gradualità e con riferimento alle finalità della misura sanzionatoria, depongono altresì per l’urgenza del provvedimento, comprovata dai passaggi procedimentali tempestivi posti in essere dall’amministrazione scolastica”;
- “Quanto alla garanzia del contraddittorio, nella stessa sentenza si dà conto della sollecitazione nei confronti dei genitori (negato dalla controparte con il mero riferimento all’inesistenza di atti scritti), al termine dell’istruttoria, a depositare eventuali memorie o a chiedere apposita audizione, invito che non è stato raccolto. Per converso, gli interessati, informati dell’esito del procedimento, hanno potuto esercitare il diritto di accesso agli atti”.
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